In vari punti della città sono stati affissi dei manifesti a cura dell’assessorato all’ambiente in cui si mostrano alcune delle località per le quali è in corso la bonifica, pagata con fondi regionali, e dall’altra immagini di famiglie felici: lo slogan è “se rispetti il tuo Ambiente dai speranza al Futuro”.
Questa campagna di sensibilizzazione contro l’abbandono dei rifiuti è mirata a evitare che le campagne si riempiano in breve di rifiuti e porcherie varie, con tanto di numero verde per il ritiro dei rifiuti ingombranti – ritiro che, va ricordato, è gratuito – e di informazioni su orari e posizione dell’isola ecologica, il posto cioè dove portare gli oli esausti o tutti i rifiuti dei quali non sappiamo come sbarazzarcene.
Questa campagna si sta scontrando con un muro di indifferenza e di abitudini ottuse da parte della stragrande maggioranza dei martinesi: basta fare un giro per via Mercadante e troveremo alcuni cassonetti nuovi con i coperchi ribaltati – quanto ci vorrà perché si spezzino? – e che a volte sono pieni appena a metà, ma con varie buste della spazzatura attorno, per strada. Basta andare vicino alla scuola media Grassi al mattino, nell’ora in cui i genitori portano i figli scuola, e notare come i cassonetti strabordino. Ma non solo: più volte all’interno del centro storico sono stati ritrovati nell’ultimo periodo i rifiuti più assurdi: una sera, per esempio, tornando a casa ho trovato un vecchio frigorifero, altre volte una cucina, una volta persino un divano. Erano stati abbandonati da qualcuno che aveva pensato anche a dare fastidio a qualche vicino, perché siamo martinesi e quindi a volte anche dispettosi verso chi ci sta attorno.
Parte della responsabilità va agli amministratori cittadini che in quasi vent’anni hanno rinnovato l’appalto alla Tra.de.co, un appalto che per motivi ovvi non è al passo con i tempi, né è stato calibrato per i bisogni di una città che nel frattempo è cambiata, o che conteneva delle imprecisioni – quelle per le quali l’azienda non è tenuta a pulire le aree di verde pubblico ma solo il manto stradale, ad esempio. Per non parlare poi delle zone di campagna che sono state deturpate da sversamenti continui di materiale di risulta: costruttori più o meno compiacenti con i proprietari di case o ville che invece di portare mattoni, tegole, intonaci a pezzi, vecchie serrande in discarica li abbandonano accanto a una strada, contenti così di aver risparmiato i venti euro per il deposito in discarica.
Ma a chi giovano queste azioni? Non certo a noi stessi, né al turismo, né all’ambiente nel quale viviamo. Un cumulo di amianto, mattoni, polvere, tubi di plastica e gomma accantop aun trullo, a un muretto a secco, fanno danni molto più consistenti di quei venti euro. Ci sottraggono identità e dignità, che non possono essere misurati, ma comportano anche che in quella strada, degradando l’ambiente, possa lavorare un Bed&Breakfast, ad esempio; impedisce che un vicino possa coltivare uva od ortaggi perché il terreno poi si riempie di schifezze e diventa incoltivabile.
È necessario un grande cambiamento che pervada i nostri comportamenti: è inutile fare campagne di sensibilizzazione nelle scuole se poi a casa ci sono genitori che sversano l’olio esausto delle batterie davanti al portone di un vicino antipatico. È inutile insegnare ai bambini a fare la raccolta differenziata se poi gli adulti che ha attorno gettano un vecchio computer all’interno di un cassonetto. Il messaggio corretto che arriva da una sola direzione viene contrastato da decine e decine di messaggi sbagliati che portano i nostri giovani a non rispettare la propria città né se stessi. Il cambiamento deve coinvolgere tutti, non solo i più piccoli, e deve essere accompagnato anche da sanzioni verso chi sbaglia, come raramente è stato fatto finora.
Daniele Milazzo