Il Natale da sempre è stato per me molto importante. Se ci pensate bene, è il momento dell’anno che ci rende più umani. Provate ad andare indietro nella memoria e vi accorgerete di ricordarne tanti, da quando eravate bambini, tant’è vero che spesso raccontate ai figli o nipoti alcuni momenti di ciò che avveniva in questi giorni, di tanto tempo fa. La nostalgia del tempo passato ha, stranamente, una similitudine con questo giorno. Andando indietro nella memoria, ricordo la preparazione delle recite di Natale alle elementari o il vecchio maestro Giovanni Aquaro che ci insegnava i canti natalizi, cosa che oggi sembra essere diventata una cosa blasfema ed antilaica. A proposito del mio vecchio maestro, l’ho incontrato per caso ultimamente, passeggiando nel cimitero tra i vari loculi dove spesso mi soffermo e dove riaffiorano i miei ricordi. Mi capita soffermarmi guardando le persone che non ci sono più. Ogni volta che vado al cimitero, dalla baracchetta di Dora, la fioraia fuori dal camposanto di Martina Franca, sono solito comprare anche diversi fiori sparpagliati. Non so mai dove li andrò a mettere. Alcuni, per la verità, sì. Il solito giro, i soliti amici e parenti che forse mi aspettano o voglio credere che sia così: I miei genitori, i nonni, gli zii, tanti di loro commensali di tanti banchetti natalizi. Poi il percorso solito: Orazio, Vito, Lino e tanti altri compagni di viaggio scesi dal treno anzitempo. Parlo con ciascuno di loro. Altri fiori li porto con me e li metto dove incontro volti amici che non ci sono più. Alcune volte in portafiori, dove regna la polvere che non si mescola con l’acqua da chissà quanto tempo, di gente che non ho mai conosciuto. E’ proprio in questi che va a finire il mio fiore. Per la verità, tempo fa ho discusso con il presidente della Società Artigiana di Mutuo Soccorso, sul divieto di mettere dei fiori al cimitero, vicino a loculi che non prevedono un portafiori. Da quando il mondo è mondo, ovunque si possono lasciare in qualsiasi parte del mondo, ma sembra che anche per chi è deceduto esistano i divieti, se non sono stati previsti quando si era in vita. In realtà, i fiori non sono altro che pensieri rivolti alle persone a cui si vuole o si è voluto bene. Il Natale è una festa che dovrebbe rinsaldare le famiglie, continuare a tenere in vita quel cordone ombelicale che ci tiene legati al passato. Il Natale dovrebbe essere vissuto attraverso gli occhi dei bambini. Io mi ritengo fortunato, intanto di poter continuare ad esprimere i miei pensieri, grazie a colui che ha deciso che la mia vita continui, poi di rivivere le stesse emozioni attraverso gli occhi di Caterina e, tra qualche giorno, anche di Giorgia. E’ questo il mio Natale. Non ne saprei farne a meno. A questo punto gli auguri. Mai come quest’anno sono carichi di gratitudine verso Dio, verso le persone che amo, tra queste ci siete anche voi se siete arrivati a leggere fino qui. Spesso da parte di gente che non conosco e mi scrive in privato, mostrandomi affetto, come se fossi un componente della loro famiglia. Ho saputo ieri, da suo figlio Giorgio, che ho la lettrice dalla veneranda età di 98 anni che mi segue e si diverte a leggere questi miei appuntamenti settimanali. Si chiama Maria Giuseppina Martinez. Chissà perché, le voglio già un gran bene. A lei ed a tutti voi auguro tanta salute, poi la serenità ed infine il benessere. A ciascuno un grande abbraccio cosa che farò anche incontrandovi, piuttosto che rispondere al telefono ad auguri riciclati che mi infastidiscono pure. Per favore, evitate di mandarmeli. Mi basta semplicemente un ‘auguri Antonio’. Vi auguro un Buon Natale ed un felice 2020. Di cuore