La proposta è quella di smantellare la nave da crociera in riva allo Ionio
C’è anche Taranto fra le realtà italiane candidate allo smantellamento della nave da crociera Costa Concordia. La richiesta è stata inoltrata dalla Confindustria di Taranto in collaborazione con lo Studio dell’ing. Severini, autore di un apposito progetto studiato ad hoc per l’operazione, complessa sia per tipologia che per dimensioni del relitto (la nave affondata due anni fa all’isola del Giglio è lunga circa 290 metri e larga circa 63). La richiesta, preventiva all’offerta vera e propria, è stata inoltrata, si legge in una nota stampa dell’associazione degli industriali, “alla società londinese che si occuperà di individuare l’impresa o la cordata imprenditoriale più idonea alle operazioni di smantellamento. Confindustria, sulla base dello specifico know how in possesso di buona parte dell’imprenditoria tarantina nel settore, forte di condizioni ideali dello scalo portuale in termini di profondità di fondali, con un progetto già messo a punto in virtù dell’opportunità che si paventava subito dopo le operazioni di raddrizzamento del relitto, ha ritenuto di poter competere in una partita sicuramente ambiziosa ma non per questo impossibile. A candidarsi per la realizzazione del progetto redatto sono la società consortile Smart Area (diretta emanazione di Confindustria Taranto), lo stesso Studio Severini ed una società partner straniera leader nel settore. La redazione progettuale tiene conto della verifica di specifici requisiti internazionali e di una serie di dettagli tecnici e documentali ad hoc anche di carattere ambientale che, se rispondenti alle peculiarità richieste, farebbero assurgere Taranto, automaticamente, oltre che a candidata ideale per l’imponente operazione, al ruolo di laboratorio ambientale d’Italia. La scommessa è difficile ma Taranto ha al momento tutte le carte in regola per poter competere con players nazionali e stranieri nella gara – a tutti gli effetti – che già si delinea attorno al progetto di smantellamento del relitto purtroppo oggi più famoso d’Italia. Per Taranto si tratterebbe di una scommessa pari a 500 milioni di investimenti, che andrebbe ad assicurare per almeno due anni centinaia di posti di lavoro, più o meno 600 secondo le prime stime ma con un indotto non calcolabile se si tiene conto delle operazioni a valle dello smantellamento vero e proprio della nave. Riteniamo tuttavia, al di là di ogni considerazione di prospettiva, che tutta la comunità jonica, istituzioni in primis, dovrà remare a favore di tale operazione, lasciando da parte, in questo come in altri casi da noi più volte invocati, atteggiamenti di sudditanza nei confronti di altri sistemi (e parliamo delle cordate imprenditoriali che già si sono candidate per il progetto) che molto hanno da imparare dalle competenze da noi acquisite nello specifico settore e che a tutt’oggi invidiano le potenzialità del nostro scalo portuale, i cui requisiti si presentano, dati alla mano, ineguagliabili sia per caratteristiche tecniche sia per la naturale conformazione dello specchio d’acqua che si candida ad ospitare la complessa operazione”.