La sua vita andava raccontata. Più volte aveva deciso che sarei stato io a scriverla in un libro. Sarebbe stata anche una bella sceneggiatura per un film. Da quando se ne era andato a Milano a fare il calzolaio tra tante vicissitudini per poi tornare nella sua città. Marito, padre, nonno e fratello di una famiglia numerosa. A Peppino Ceci doveva anche essere dato il Patriae Decus, perché è stato il vero ambasciatore della nostra città e non solo per la sua cucina. Ma non sempre i premi vanno a chi li merita per davvero. Quanti personaggi famosi sono transitati dal suo ristorante ‘Le Ruote’. Tutti erano affascinati da questo personaggio che parlava rigorosamente il dialetto che sembrava tutti capissero. C’è anche chi lo ha voluto come modello in età avanzata per un servizio fotografico per una azienda inglese. Era l’immagine della simpatia. Aveva inventato una cucina semplice con piatti che raccontavano la tradizione. Le sue orecchiette, il cui segreto mi spiegava era quello di mettere insieme diverse farine, ricordavano quelle cucinate dalla nonna. I sottaceti e i sottolio fragranti. Peppino era fiero del suo museo adiacente il ristorante. Lo faceva visitare a tutti, così come incantava con le nacchere, da lui costruite e che suonava. L’ho intervistato più volte e l’ho voluto nella sigla di Piazza Pulita. Peppino mancherà a tutti e non solo in questa città. Tanti torneranno in quel ristorante per salutarlo e non lo troveranno. Tutti verseranno una lacrima. Ma sicuramente, in quei trulli nelle calde sere d’estate udiremo quel suono originale che solo lui riusciva a creare. Cin, Cin Peppino. La tavolata in cielo è già stata preparata e saranno felici di imbandirla con orecchiette, antipasti, arrosti misti e per finire tutti quei rosoli e mostaccioli. Su questa terra ci sarà da oggi una persona felice in meno.
Antonio Rubino