Il presidente della onlus “Fondo Antidiossina Taranto”), Fabio Matacchiera, ha consegnato alla procura di Taranto un nuovo esposto affinché la stessa e il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri facciano luce su alcuni siti in Ilva di Taranto considerati sospetti. Cpon l’ausilio del satellite di google sono state focalizzate alcune aree nelle quali si evidenziano attività definite “sospette”
Dettagli e dichiarazioni dell’associazione nel comunicato stampa che riportiamo di seguito.
Con l’ausilio del satellite di Google, abbiamo focalizzato, ancora una volta, l’attenzione sui siti adibiti a discariche nelle aree adiacenti alla “Mater Gratiae”. Abbiamo rilevato, attraverso la visualizzazione delle immagini fino al massimo ingrandimento possibile, che sarebbero riconoscibili altri “siti sospetti” nei quali sarebbero stati effettuati lavori di scavo e di colmata, presumibilmente non autorizzati.
Sottoponiamo all’attenzione di questa Procura, allo stesso Procuratore, Dott. Franco Sebastio ed al Comandante del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Lecce, Nicola Candido l’acquisizione di queste nuove immagini satellitari e di questi altri particolari, chiedendo approfondimenti ed accertamenti, al fine di capire se siano stati commessi degli illeciti, sia dal punto di vista amministrativo, che dal punto di vista ambientale da parte della azienda Ilva s.p.a.
Inoltre, chiediamo se vi sia l’effettiva idoneità all’esercizio di tutte le discariche ubicate all’interno dell’insediamento Ilva di Taranto, nonché sulla loro corretta conduzione e gestione. Discariche che, per quanto ci consta, non risulterebbero tutte provviste di autorizzazione, come quella denominata “Mater Gratiae”, autorizzata con decreto D.L. 101/2013 e convertito in Legge 125/13.
Come è noto, nei mesi scorsi, questa onlus ha già inoltrato alla Procura della Repubblica di Taranto alcuni esposti che evidenziavano possibili irregolarità circa le autorizzazioni delle suddette discariche e la gestione dei rifiuti che vi confluivano e che tuttora confluiscono dal ciclo produttivo del siderurgico.
Anche se, come sopra specificato, il Governo solo recentemente ha autorizzato con una norma “ad hoc” per la costruzione e la gestione della discarica Mater Gratiae (in esercizio dal 2004), occorre sottolineare che la stessa azienda ha fatto confluire per un decennio i propri rifiuti in questa area che risultava priva di autorizzazione, con possibili violazioni del Codice dell’Ambiente e delle disposizioni normative specifiche di cui al D.Lgs. 36/2003.
Allo stato attuale, con riferimento alla discarica Mater Gratiae e alle numerose discariche insistenti nella medesima area (almeno sette) ad essa adiacenti ed insistenti in area Ilva, poniamo i seguenti quesiti:
Le autorità competenti hanno mai accertato la conformità delle modalità di costruzione della Mater Gratiae da parte dell’ILVA s.p.a., a partire almeno dal 2004 e fino alla data di emanazione del D.L. 101/2013 che ha autorizzato all’art. 12 la costruzione e gestione della stessa discarica?
Le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni (Ministero Ambiente, Regione, Provincia, Comune) e le autorità di controllo (ARPA, ISPRA, ASL) hanno mai accertato l’esistenza e la conformità delle ulteriori sette discariche (oltre che della Mater Gratiae autorizzata con decreto) le quali, invece, potrebbero non avere i nessari titoli autorizzativi? Sono mai stati accertati i criteri, secondo cui le stesse siano state realizzate e gestite e si è mai provveduto ad indagare se essere fossero esaurite o in normale esercizio? Sono stati mai effettuati dei controlli analitici su percolati e tenuta delle stesse?
Le predette autorità hanno mai accertato se l’utilizzo delle scorie deferrizzate fosse conforme alle disposizioni di legge, ovvero se fosse possibile escludere un peggioramento delle condizioni ambientali dell’area e confermare la compatibilità sanitaria ambientale delle attività di recupero di tali rifiuti? Tali scorie, classificate come rifiuti, subiscono effettivamente un trattamento di deferrizzazione? O vengono messe tal quali in opera per costituire gli argini ed il fondo discarica? Ove risultassero deferrizzate, ci si chiede: è autorizzatato il trattamento delle scorie? Non ci risulta che detta attività di trattamento delle scorie sia stata autorizzata nell’ambito delle procedure amministrative AIA.
Le autorità ambientali e sanitarie hanno mai definito una metodologia in grado di quantificare eventuali fenomeni di contaminazione sia del suolo che delle acque, al fine di stimare il conseguente danno sanitario ed ambientale?
ARPA Puglia, per quanto di propria competenza, ha mai provveduto ad effettuare il monitoraggio dei pozzi spia della discarica 2B non pericolosi ed anche 2C pericolosi, negli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013? Sono stati mai riscontrati superamenti dei valori relativi delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) nei suoli e nelle acque di falda? E se sì, per quali parametri? Sono mai scattati gli obblighi di cui all’art. 244 del D.Lgs. n. 152 del 2006? Nel caso in cui dovessero essere stati registrati superamenti del CSC, le Autorità Competenti (Regione, Provincia, Comune) hanno mai posto in essere le procedure operative ed amministrative finalizzate al raggiungimento della eventuale bonifica del sito contaminato secondo quanto disposto dall’art.242? Dalle nostre ricerche e dai nostri approfondimenti, risulta che la Regione Puglia con atto formale (det. dirigenziale della Regione Puglia n. 160/2010), ha dichiarato compatibile la discarica dal punto di vista ambientale, autorizzandone di fatto la successiva costruzione (iniziando dal 2004).
Per quanto concerne la caratterizzazione chimico analitica delle scorie utilizzate per la costruzione della discarica, è stata mai effettuata una specifica valutazione?
Evidenziamo, altresì, che tali valutazioni non risultano essere state effettuate nell’ambito dell’AIA 2011, in particolare non risulta che lo stoccaggio delle scorie sia stato autorizzato (pag. 946 provvedimento AIA 2011). Si evidenzia, inoltre, che il riesame AIA 2012 non ha autorizzato la gestione di rifiuti nello stabilimento in oggetto, fatto ritenuto non conforme da ARPA Puglia e formalmente espresso in più occasioni dalla stessa.
N.b.: Tali criticità non risulterebbero peraltro neanche sanate nell’ambito del Piano Ambientale redatto dai tre Esperti (Genon, Lupo, Bisceglia), bensì gli stessi hanno rinviato nuovamente alle procedure autorizzative ordinarie, ossia alle attività istruttorie AIA!