Di seguito un comunicato diffuso dalla fondazione Noesi:
Sabato 5 ottobre 2013, alle 18.30, nelle sale di Palazzo Barnaba a Martina Franca (TA), la Fondazione Noesi inaugura la personale di Antonio Paradiso ARTE + ANTROPOLOGIA/ANTROPOLOGIA + ARTE, a cura di Lidia Carrieri e Antonella Marino.
La mostra presenta un’ampia selezione di lavori – sculture in pietra, fotografie, video e documenti d’epoca – realizzati dall’ artista pugliese (nato a Santeramo nel 1936, ma residente a Milano) tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta. L’operazione di revisione delle opere di Paradiso proposta dalla Fondazione non ha però un valore nostalgico, tanto meno inventariale. Mira piuttosto a far luce in modo critico su un momento fondativo di questa ricerca, che si può classificare come “antropologico”. Un periodo caratterizzato da una forte tensione etica, in cui Antonio Paradiso pone le basi di una profonda indagine conoscitiva sull’Uomo nei suoi rapporti con il proprio habitat naturale e culturale.
La dialettica tra paesaggio culturale e paesaggio naturale percorre le diverse fasi di questa ricerca, su due binari. Da un lato la regressione alle radici della civiltà, segnata da molteplici viaggi nei deserti africani, alla scoperta di un ambiente primordiale di cui l’artista raccoglie reperti e cataloga i segni. Dall’ altra il recupero di una cultura materiale come manifestazione del lavoro umano, che Paradiso connette alla tradizione agraria della sua Murgia. Di qui il prelievo di oggetti d’uso in pietra che recano i segni dell’ “usura umana” , nella seconda metà degli anni Sessanta. E, dai primi anni Settanta, l’ attenzione per gli aspetti socio – culturali della cultura contadina: che danno vita a sperimentali “sculture filmiche”, documentazioni video di rituali e credenze come l’ esperienza dei “tarantati”; o alle azioni performative di un originale “Teatro Antropologico” da strada. Fino alla svolta plastica degli anni ottanta, in cui l’osservazione della natura – dalla migrazione degli uccelli, alle costellazioni – si traduce in più iconiche opere in pietra.
Questa produzione, esposta negli ambienti di Palazzo Barnaba non in senso didascalicamente cronologico ma per consonanze tematiche e formali, rivela oggi la sua grande attualità, e offre un importante contributo per la comprensione dell’intero progetto creativo dell’autore.