Ha confessato il giovane 19enne arrestato dai carabinieri di Taranto con l’accusa di aver ucciso il padre Cosimo Motolese “Sono stato io a uccidere mio padre; l’ho fatto per difendere me e mia madre dalle continue minacce e aggressioni a cui eravamo sottoposti da quando era stato scarcerato”. Questa, in sintesi, la confessione rilasciata dal ragazzo che era stato fermato con l’accusa di aver sparato i quattro colpi di pistola al padre, proprio sotto il portone di casa, uno dei quali aveva colpito l’uomo alla testa, risultando presumibilmente il colpo ferale. L’agguato era avvenuto nella sera di giovedì scorso, in Vaile della Liberazione nel quartiere Paolo VI di Taranto. Poiché l’uomo era pregiudicato, in un primo momento la dinamica dei fatti (due killer in motorino ed esecuzione sotto casa) aveva fatto pensare a un eventuale regolamento di conti tra bande rivali. Gli inquirenti avevano cominciato a indagare, e dopo aver ascoltato proprio il figlio avevano trovato nelle sue parole diverse contraddizioni. In un terreno circostante il luogo del delitto, e quindi l’abitazione della vittima e della sua famiglia, gli investigatori rinvenuto l’arma del delitto, una colt 45, con matricola abrasa. La scientifica ha poi rilevato anche i quattro bossoli e gli abiti, ancora intrisi di sangue, che appartenevano proprio al ragazzo. Questo, messo alle corde nell’interrogatorio sostenuto dal sostituto procuratore Giovanna Cannarile, ha finito per confessare, dando come spiegazione una sorta di “legittima difesa” dai presunti soprusi subito da parte del padre. Il ragazzo è stato trasferito nel carcere di Taranto in attesa di giudizio.
