Diminuiscono i ricavi delle partite iva pugliesi: stando ai grafici degli studi di settore pubblicati da Confartigianato sui dati del Ministero delle Finanze, ci sono tanti segni meno.

Gli incassi medi dichiarati dai contribuenti ammontano a 193mila euro, e vedono spiccare la provincia di Barletta-Andria Trani come l’unica nella quale ci sono variazioni positive.

Calano i ricavi delle persone fisiche, delle piccole società e crollano quelli delle società di capitali, con 29.600 euro in meno per impresa. I ricavi delle società di capitali della Puglia scendono in media di circa 22mila euro. In profonda crisi è l’economia delle imprese leccesi, mentre Bari ha il primato degli incassi più alti pur risultando una perdita secca nella variazione complessiva.

Sono infatti 214mila euro gli incassi medi, più alti nel barese, mentre al secondo posto c’è la provincia di Barletta-Andria-Trani con 207mila euro, posto che si avvicina al primato anche per la stabilità complessiva delle aziende dell’area. Seguono Taranto con 189mila euro, Brindisi con 188mila, Foggia con 176mila e fanalino di coda Lecce con 169mila euro.

Le partite iva che rappresentano società monopersonali o persone fisiche, come i liberi professionisti, sono in crescita così come i loro ricavi medi sono in calo. Si ha l’impressione, vedendo i dati, che l’immissione di nuovi liberi professionisti in un sistema già saturo corrisponda a una diminuzione degli incassi. Se l’equazione è dimostrabile ciò significa che i nuovi posti di lavoro da parte di piccoli imprenditori non creano opportunità di crescita, ma spartiscono in più persone una torta che non lievita, anzi, si sgonfia. Anche in questo settore Bat e Foggia migliorano leggermente le prestazioni deludenti dell’area salentina, che appare in profonda crisi, con poco denaro che circola tra le imprese.

Parte dei bassi introiti delle partite iva deriva da una tassazione più pesante e dalla mancanza effettiva di liquidità non solo tra le imprese ma anche tra le famiglie pugliesi. L’assenza di denaro e la capitalizzazione continua delle banche stanno stringendo il tessuto produttivo e imprenditoriale in una morsa.

«I dati elaborati dal nostro centro studi» ha detto Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia «confermano, con l’impietoso supporto dei numeri, l’allarme lanciato in tempi non sospetti dalla nostra associazione. Le nostre imprese sono ormai allo stremo».

A essere in crisi sono soprattutto le imprese artigiane, i piccoli lavoratori che fino a poco tempo fa erano quasi indenni dalla crisi. Va ricordato infatti che i requisiti di iscrizione delle imprese artigiane sono normati dalla legge 443/85 e prescrivono la produzione effettiva, materiale, di beni non agricoli o commerciali: si tratta di idraulici, carpentieri, lavoratori autonomi, quel tessuto della cosiddetta economia reale che sta soffrendo i danni creati dalla crisi finanziaria.

Parlando con i loro esponenti si nota che, a una domanda reale più o meno invariata dei loro beni da parte del nostro territorio, non corrisponde la possibilità della gente di pagare i loro servizi. Qualcuno si adatta abbassando i prezzi, riducendo i guadagni o persino adattandosi a lavorare in perdita pur di non scomparire dal mercato.

Ma questo è solo un lato della crisi: il peso più immediato è proprio la stessa partita iva, il pagamento anticipato di guadagni futuri calcolati con indicatori che non hanno ancora conosciuto la crisi. Questa è una mazzata finanziaria per imprese che lavorano anche in attivo economicamente ma che hanno una bassa capacità di liquidi a loro disposizione, per cui l’aumento dell’Iva è un colpo di cui non si può non tenere conto.

«Il calcolo astratto dell’imponibile» conferma Sgherza «seppur effettuato sulla base di parametri sempre più dettagliati, determina una situazione di maggior peso proprio sulle attività economiche» per cui il presidente di Confartigianato Puglia conclude: «Le rigidità del sistema e la necessità di aggiornamenti sempre più frequenti comportano non solo una serie di onerosi adempimenti burocratici ma, talvolta, anche lo svilupparsi di contenziosi che si potrebbero evitare, con evidente danno per i contribuenti che vi sono soggetti».

 

Daniele Milazzo

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