In realtà l’estate non è cominciata affatto. Metereologicamente è una cosa più che visibile. Ma il calendario ci consegna un gregoriano ‘giugno-luglio-agosto-settembre’ che ben si amalgama (o si amalgamava) ai cicli della natura: l’estate come pausa. Di riflessione. Di ristoro. O di cose che è impossibile durante il freddo invernale. Tra le quali: godersi uno spettacolo all’aperto.
Oggi il sociologo barese Cassano (non il calciatore, anch’esso barese…) parlerebbe di “stagione del mediterraneo”. Una terra solare che ha i suoi tempi. Che vive la “lentezza di Kundera” in netta contrapposizione al “logorìo della vita moderna”, come recitava Ernesto Calindri in uno spot “d’epoca”.
Che vi sia un nesso tra gli umori saturnini di coloro che, adusi alla lamentela a tutti i costi hanno adottato lo “sport” della polemica”, e il meteo altalenante di questa pseudo estate, non è come scoprire l’acqua calda o rendersi conto della gravità dopo una mela in testa.
Quando poi la cassa di risonanza della polemica è quella piazza virtuale creata in buona fede da Zuckerberg spesso ci si imbatte nel qualunquismo popolare più puro.
Tutto cominciava qualche anno fa con la storia delle bombette. Roba pedestre, insomma. Quelle di Cisternino erano più buone. Ci si sfidava a colpi di bombette: “quelle di Cisternino sono più buone di quelle martinesi”. Ecco il tenore del ragionamento. Ora dalle bombette si passa agli eventi.
Non vi è giorno un cui non si apre una home e non si legge che Martina è una “barba che noia che barba che noia”. Oppure “Paese per vecchi” (sintagma poco rispettoso per la terza età). Oppure “ma stasera non c’è niente e a Ceglie c’è questo e quello”, o ancora “a Ostuni c’è gente che cammina a tutte le ore del giorno”.
In realtà la verità è come un esercizio ginnico davvero difficile da eseguire. Richiede impegno. Ma non è così faticoso. Basti vedere Ostuni, in realtà con un solo grande evento (Arbore). Poi Ceglie e quelli che sono rimasti degli “Earth, Wind and Fire” (tutti al camposanto tranne uno) e un povero Kee Marcello (il mitico chitarrista degli Europe – chi è stato adolescente negli anni ’80 se lo ricorda a malapena) in Piazza Plebiscito con quattro persone sotto il palco. Poi la defaillance di Boy George a Locorotondo. Insomma tutto intorno è il disastro. E continuano a dire che “a Martina non c’è niente”.
La nostra città invece ha retto bene con il Festival della Valle D’Itria, Diodato, Cisco, Municipale Balcanica, Carotone, Uducha, Gualazzi, il rapper Clementino, il Festival del Cabaret, Live Music Fest, la Festa della Birra, la Ghironda, la Festa della musica, il videomapping, i concerti della notte angioina, la notti della Girandola.
Solo un piccolissimo (?) appunto: a Martina quest’anno quasi ci si confondeva. Ci si accavallava (in onore al cavallo di San Martino, forse) ma non ci si annoiava affatto. Semmai si continua a rimanere seccati da un paradossale “parallelismo convergente”: così come nella geometria euclidea due rette parallele non possono incontrarsi, è sembrato impossibile che gli eventi trascorsi abbiano potuto godere di una “spalmata” lungo tutto il periodo di calura (o freddura) estiva. “Venirsi incontro”, insomma.
Quanto gioverebbe all’intera città un “fare squadra” invece? La risposta è troppo scontata.