Il presidente nazionale di “Libera” don Luigi Ciotti alla manifestazione di ieri “Per amore di questa terra non taceremo”
Oltre quattromila persone. Le amministrazioni comunali di Palagiano, Bari, Castellaneta, Crispiano, Gioia del Colle, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello, la Regione Puglia con l’assessore alla legalità e due consiglieri regionali, E poi decine di associazioni (dalle Acli all’Arci, da Legambiente all’Agesci, a decine di associazioni locali), scuole, gruppi organizzati, partiti, sindacati. “Per amore di questa terra non taceremo”, la manifestazione contro la violenza lanciata dal Coordinamento regionale Libera Puglia, si è svolta ieri a Palagiano.
Una grande risposta di cittadinanza, nata, come ha spiegato il referente di Libera Puglia, Alessandro Cobianchi, con “nessuna voglia di marchiare un territorio o l’altro come mafioso. Solo il desiderio struggente di sconfiggere la mafiosità che potrebbe crescere dentro ognuno di noi. La mafiosità attiva, quella della violenza brutale, quella della complicità ed anche quella dell’indifferenza e della rassegnazione. Il No che Noi urliamo è proprio contro questa rassegnazione: nessuna comunità (grande o piccola, cittadina o familiare che sia), può essere mafiosa, per conseguenze storiche, sociali, culturali. La “comunità di destino” che ci interessa è quella della corresponsabilità, della condivisione”. Il referente regionale ha insistito anche sull’ “errore imperdonabile” secondo cui esiste, nella criminalità organizzata, un codice d’onore “Il problema non è il codice secondo cui la mafia non uccide i bambini, ma un altro, più arcaico, per cui la violenza che non può che generare violenza. Il profitto ingiusto non vuole ostacoli sulla propria strada”.
La manifestazione, colorata di bandiere di Libera, è stata chiusa dal presidente nazionale dell’associazione, don Luigi Ciotti. “Quei proiettili che hanno ucciso il piccolo Domenico e la sua mamma o li sentiamo come se avessero sparato anche a noi o sennò diventa tutta retorica”, ha spiegato Ciotti. “Palagianesi è il nome di un popolo, non di un clan. Nessuno confonda la bellezza e la generosità di questa gente. È il noi che vince e solo unendo le forze degli onesti la richiesta di cambiamento diventa forza di cambiamento. Sono venuto in questa terra, che considero meravigliosa e generosa, per esprimere riconoscenza. E bisogna avere la capacità di riconoscere il bene che c’è attorno a noi per valorizzarlo e promuoverlo, per dare speranza”.