Di seguito l’intervento tenuto alla Camera dei deputati dal parlamentare Gianfranco Chiarelli, relatore per la conversione del decreto Ilva 2:

Affidato, come preannunciato,  all’on. Gianfranco Chiarelli, l’intervento in aula nell’avvio della discussione per la conversione in legge del decreto 61 sull’Ilva. Dopo aver riassunto i punti caratterizzanti del provvedimento e le modifiche apportate in sede di commissione, il parlamentare ionico ha esposto le sue valutazioni politiche: «Ritengo che in ordine a qualunque argomento, ma soprattutto  rispetto a questioni così rilevanti come quella che trattiamo oggi, conti molto portare con se il vissuto di ciò che si racconta. Una cosa è trattare una questione sul piano politico, in modo quasi asettico sulla base di informazioni attinte, altro è aver vissuto e vivere le situazioni, come accade a me» Ciò premesso Chiarelli si è soffermato sulle origini della questione ambientale tarantina:« Il tema dell’ILVA non nasce oggi, e non può essere racchiuso in uno scontro tra due grandi temi: lavoro, ambiente e salute. Noi come gruppo del PDL, gli amici colleghi pugliesi, con in prima fila l’on.le Raffaele Fitto, ed io in particolare, quale diretto  rappresentante del territorio, riteniamo  che il futuro di Taranto passi non più da una contrapposizione tra questi temi bensì dal loro coesistere. La nostra scommessa, non solo quella di Taranto e della sua intera provincia, ma di tutto il Paese, è quella di individuare i percorsi giusti perché vi sia piena armonizzazione tra le diverse esigenze.»  Per il parlamentare non è possibile ipotizzare la chiusura dello stabilimento:«Naturalmente gli interventi previsti in questo provvedimento da soli non bastano a superare l’emergenza ambientale di Taranto, ma, attenzione,  la chiusura dell’ILVA aprirebbe una ferita sociale nel nostro territorio che, di colpo, si vedrebbe privato di un grosso polo strategico nazionale e, soprattutto, non aiuterebbe a migliorare la qualità dell’ambiente, perché la chiusura di per se, come insegna Bagnoli, ad esempio,  non comporta automaticamente la bonifica del sito; Ci troveremmo quindi davanti alla beffa, oltre che al danno per i cittadini di Taranto. Inoltre, come è stato dimostrato in più casi, l’ILVA dovrà necessariamente continuare  a produrre per garantire le risorse indispensabili agli investimenti necessari per l’attuazione delle prescrizioni dell’A.I.A.

Se l’ILVA, con le sue dimensioni produttive ed occupazionali, con il suo impatto sulla economia non solo locale, rappresenta una questione di rilevanza nazionale, per Taranto e la sua provincia ha una valenza, allo stato dei fatti, di vitale importanza. E’ inutile nascondere la realtà: la scelta industriale ha condizionato in modo netto lo sviluppo della provincia ionica. L’insediamento siderurgico, uno dei più grandi d’Europa, se è stato caratterizzato da una serie di gravi errori, a cominciare dalla allocazione dell’acciaieria a ridosso della città, e di significative omissioni in termini di tutela dell’ambiente, ha rappresentato però per oltre cinquantanni il principale se non unico sostegno economico. Oggi, in assenza di una politica di diversificazione e della mancata realizzazione di un indotto, ipotizzare una trasformazione radicale della economia del territorio, da molti invocata, è una soluzione a dir poco utopistica. Chi, legittimamente ha pareri diversi, ha l’obbligo di proporre le proprie idee corredandole però dei necessari progetti concreti. Limitarsi a segnalare gli esempi di altre aree del mondo in cui si è realizzata una riconversione, non risolve le questioni.»  Chiarelli richiama l’attenzione sul difficile contesto economico: «Oggi occorre fare i conti con un contesto molto difficile. Siamo ancora nel pieno di una grave crisi economica da cui cerchiamo con non poca difficoltà di uscire. La provincia ionica, in particolare, che proprio per le diverse crisi del mercato dell’acciaio ha perso negli anni  oltre trentamila posti di lavoro, si trova oggi nel pieno di una terribile congiuntura economica. A cominciare paradossalmente proprio dall’Ilva che in questi giorni ha denunciato un ulteriore calo della domanda, anticipando la chiusura di AFO2; sappiamo anche che a breve ci sarà la fermata per fine ciclo di AFO5, il più grande degli altiforni. A ciò si aggiunga la crisi di tanti altri comparti economici. Pensiamo al gruppo Natuzzi che ha  importanti insediamenti nella provincia ionica; pensiamo all’appalto arsenale, con uno sguardo a quanto denunciato qualche giorno fa dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare Amm.glio De Giorgi. Pensiamo ancora alle tante piccole realtà produttive che ogni giorno chiudono, al commercio ormai asfittico, alla scomparsa totale dei cantieri edili. In questo contesto abbiamo tutti il dovere di guardare la questione Taranto in modo globale, senza squilibri nel bilanciamento tra le diverse esigenze. Lavoro e Salute, diritti inalienabili e costituzionalmente garantiti, non devono contrapporsi. Per questo abbiamo lavorato in queste settimane perchè la libertà di impresa non vada a ledere  l’ambiente e la salute dei cittadini. Ma abbiamo anche avuto attenzione per le ragioni della occupazione e della sopravvivenza stessa di un territorio da tempo in ginocchio. Con questo provvedimento che ora siamo chiamati ad approvare garantiamo la continuità della produzione e, nello stesso tempo,  ci portiamo in avanti in Europa, prevedendo di attuare con anticipo di due anni una direttiva comunitaria sulle emissioni. Non intendo inserire motivi di  polemica politica in un momento in cui, più che mai, è necessario mantenere coesione nel Paese e lavorare insieme per la soluzione dei problemi. Mi limito, per rispondere a quanti ci accusano di aver mantenuto un profilo basso nell’affrontare il tema ambientale, soprattutto in relazione alla questione Taranto, a ricordare che, ad esempio,  la prima A.I.A. per l’ILVA di Taranto fu varata dal governo Berlusconi nel luglio del 2011. Così come giova ricordare ancora  che, nel legittimo tentativo di rendere compatibili le ragioni del lavoro con quelle dell’ambiente, tutti gli schieramenti politici, a cominciare da chi governa la regione Puglia, la provincia e il comune di Taranto da oltre otto anni, hanno scelto la strada del dialogo e della difesa dell’insediamento siderurgico tarantino. Auspico quindi che nella discussione che si terrà oggi in aula si mettano da parte le ragioni di parte per puntare alla concretezza intervenendo nel merito delle questioni, con l’obiettivo di migliorare, laddove possibile, il provvedimento che andiamo ad approvare.» In conclusione un appello al Governo a fare di più e presto per Taranto: «Concludo con un appello al Governo perché faccia di più per Taranto. Metta a disposizione immediatamente le risorse per le bonifiche stanziate con la delibera CIPE del 3 agosto 2012. Tenga costantemente in attività il tavolo istituzionale come momento di coordinamento finalizzato a sollecitare gli Enti ad ogni titolo interessati, perché non si perda ulteriore tempo e perché si garantisca la piena realizzazione, nei tempi prefissati, delle prescrizioni contenute nell’ AIA. Ma non solo. Taranto è un sito di interesse nazionale per le bonifiche e più in generale per il suo stato di grave crisi sociale ed economica. Da questa dichiarazione scaturisce la necessità di un attenzione particolare per il territorio. Mi riferisco alla infrastrutturazione da completare, al sostegno per le imprese, al dovuto risarcimento per i cittadini. Un risarcimento in termini di provvedimenti che aiutino la ripresa economica e quindi occupazionale. Taranto e la sua provincia hanno bisogno di ritrovare la serenità di un ambiente salubre che garantisca la salute, ma anche di nuove opportunità di sviluppo.  Una è data dal porto che, ci auguriamo, possa finalmente recuperare il tempo finora perduto. Ma si può e si deve fare di più. Occorre ipotizzare, e mi riferisco ora a tutte le situazioni di particolare crisi diffuse nel Paese, a norme che consentano deroghe specifiche ai limiti che condizionano la spesa dei comuni, o, ancor più, alla spesa sanitaria. Tornando a Taranto, ad esempio, come si può conciliare una condizione di primato delle più gravi patologie, con una riduzione di reparti, chiusura di ospedali, blocco di assunzioni nel comparto sanitario? Concludendo sento di poter affermare che il provvedimento che discutiamo oggi sia un ulteriore importante passo in avanti, senza presunzione di ritenerlo esaustivo, ma con la consapevolezza che nessuno, salvo prova contraria, possa oggi porre rimedio in pochissimo tempo ad una questione che nasce negli anni 60 e che si è prodotta in oltre cinquantanni di permanenza della grande industria a Taranto. Taranto e i tarantini hanno oggi una necessità: evitare una ferita sociale legata all’ambiente, alla salute e al lavoro, e chi cavalca questi aspetti drammatici non offrendo soluzioni concrete, offende, per l’ennesima volta, la dignità di un territorio per tanto tempo, per troppo tempo, relegato al suo destino. »

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