La medicina migliore, spesso, è quella più amara. Non è sfuggita alla regola l’Ilva che, per il risanamento ambientale del siderurgico tarantino e di quanto è stato intaccato, spenderà 2 miliardi 235 milioni. Lo prevede l’Aia, autorizzazione integrata ambientale. Per realizzare questo necessario intervento si dovranno mettere in cassa integrazione 6417 dipendenti del siderurgico di Taranto, dall’inizio di marzo, per due anni.
Generalmente la cassa integrazione è una brutta notizia. Lo è anche stavolta. Ma generalmente con la cassa integrazione si entra in un tunnel; forse stavolta serve per uscire, dal tunnel. Altre 6500 persone circa che sono sostanzialmente senza lavoro, nell’esangue territorio tarantino erano l’esatto contrario di ciò che serviva e la situazione sociale che si prospetta assume una colorazione ancora più scura del nero che già è. Però se questo è necessario per migliorare la situazione, prendiamoci questa amarissima medicina.
Piuttosto, dove sono finiti coloro che per anni dicevano che non c’erano problemi ambientali? Dove sono finiti coloro che per anni non si sono degnati (mettiamola così) di mettere in discussione lo strapotere, in rapporto all’economia, alla politica, alla società, all’ambiente, di quel colosso siderurgico? Che ora non salgano sul carro di chi ha combattuto per il risanamento. Abbiano almeno questa decenza. E a Taranto e provincia sono proprio tanti, politici e rappresentanti istituzionali compresi. Perché nel migliore dei casi hanno dormito, rispetto a questo problema gravissimo. Nel migliore dei casi.
Agostino Quero