“Ho votato Renzo come secondo”, annuncia Silvio Orlando durante l’incontro con stampa e pubblico. E dichiara “il teatro può e deve contribuire al rilancio della vita sociale”
Le tre “I” di Silvio Orlando, riferite al compito del teatro, sono ben diverse dalle tre “I” di berlusconiana memoria. All’incontro con stampa e pubblico, dopo la visita delle sale nobili del Palazzo Ducale di Martina Franca, viene anche fuori il paragone con il cavaliere, che Orlando ha di fatto interpretato ne “Il caimano”, lavoro cinematografico di Nanni Moretti che gli è valso il David di Donatello come miglior protagonista. In questo particolate momento della vita sociale ed economica nazionale e mondiale, il teatro può avere e deve avere ancora il compito di istruire, presentando anche lavori classici e ma non usuali come “Il nipote di Rameau” che Orlando si autoproduce da tre anni, arrivando a rappresentare a Martina la 174^ replica. Però deve anche intrattenere, mettere lo spettatore in grado di “divertirsi”, nel senso originario del termine, che è di-vertere, ovvero volgere l’attenzione in un verso differente da quello quotidiano. E infine deve innovare, proporre idee, nuovi stimoli. Anche perché, ha osservato l’attore e anche autore (l’adattamento del lavoro di Diderot è suo), in realtà la richiesta di buon teatro è maggiore dell’offerta, nel senso che il pubblico va alla ricerca di proposte culturali di valore, e al crisi di pubblico che il teatro sta risentendo, a suo parere, oltre che a fatti contingenti che coinvolgono un po’ tutta la società, è legata anche alla mancanza di lavori veramente validi e innovativi.
“La crisi economica e il blocco dei fondi è resa ancor più grave dal fatto che le risorse sono sì diminuite, ma vanno sempre nella stessa direzione, anche se chi li riceve non li reinveste in lavori di qualità. In Italia – ha osservato amaramente Orlando – si è perso di vista lo spettacolo come momento di presentazione al pubblico, privilegiando gli aspetti burocratici e i ‘numeri’. In nome del ‘borderau’ e della quantità si è sempre più sacrificata la qualità e, al contempo, la novità. Si è giunti all’assurdo che lo spettacolo è quello dell’insuccesso, perché quei pochi che hanno successo devono lavorare anche per coprire gli insuccessi degli altri”. Parole pesanti, ma Silvio Orlando ha dimostrato in prima persona, auto producendo il proprio spettacolo, di volersi staccare dalla logiche delle dipendenze, anche se, ha ammesso, ha potuto farlo adesso che ha un suo mercato, costruito con il lavoro e l’esperienza di anni. C’è stato modo anche di parlare della recente esperienza sanremese, dove Orlando era uno dei giurati “di qualità”. “Ho votato Renzo Rubino come secondo – ha ammesso Silvio Orlando – perché ritengo che il giovane abbia delle ottime qualità che potrà esprimere e mettere a frutto nell’immediato futuro”. E poi un retroscena su Sinigallia, l’artista escluso dalla gara perché il suo brano era stato già eseguito in pubblico: “Il presidente Paolo Virzì ci aveva chiesto di puntare su di lui, perché lo conosceva, lo stimava e lo riteneva meritevole addirittura della vittoria finale”. Poi è andata come tutti sappiamo.
Matteo Gentile