Per parlare della “Carmen” messa in scena al Verdi dai ragazzi del Liceo “Tito Livio” vorremmo cominciare dalla fine. Ovvero dal brano “Break the chain” cantato magistralmente da tre ragazze in conclusione dello spettacolo e ballato da tutto il cast, artistico e tecnico, in omaggio all’evento “One billion rising” che si celebra oggi in tutto il mondo per “ballare” contro la violenza di genere, e in particolare contro quella in cui le vittime sono le donne. La scelta della Carmen non era casuale, per raccontare il dramma del femminicidio, una violenza antica per la quale si è anche dovuto coniare un neologismo. La donna gitana, amante della libertà e della vita, uccisa da quello che non si può mai definire “troppo amore”, perché non può esserci amore dove si manifesta con violenza l’egoismo estremo. L’eroina che incarna un male che affonda le radici nel passato, e che torna drammaticamente alla ribalta delle cronache, raccontate a inizio della rappresentazione dalle ragazze del liceo e poi messe in scena nel testo liberamente tratto dal racconto di Prosper Mérimée (1845) e dall’omonima opera di Georges Bizet (1872). Il progetto teatrale del liceo, guidato dalla docente Gioconda Raguso, ha coinvolto quest’anno oltre cinquanta studenti, e il dirigente scolastico Giovangualberto Carducci non ha mancato di ricordare come sia un progetto che si rinnova da tanti anni, nonostante un “salto” di un anno suo malgrado. Immancabile un ricordo per la professoressa Santuzza Minischetti e suo figlio Pietro Scatigna, che due anni fa faceva parte del gruppo teatrale, tragicamente scomparsi in un grave incidente l’estate scorsa. Un silenzio commosso, all’inizio, per poi liberare tutta la forza della vita nella coreografia finale. Per spezzare insieme la catena della sopraffazione e della violenza, celebrando al contempo la bellezza della donna e della vita.
Matteo Gentile