Coraggio, non dobbiamo avere paura, alziamoci in piedi, leviamo il capo e muoviamoci”. Ha esordito con queste esortazioni l’economista Francesco Lenoci, la sera di capodanno, presso la Basilica di San Martino. E ha concluso “Organizziamo la speranza! Diamo credito al prossimo e ai giovani soprattutto”. In mezzo, la conferenza dal titolo “Prendi la Cultura e mettila in Bilancio”, organizzata dalla Basilica di San Martino, monumento Unesco messaggero di una cultura di Pace, con il patrocinio della Fondazione Nuove Proposte Culturali e dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano. Dopo l’introduzione di monsignor Franco Semeraro, Rettore della Basilica di San Martino, il professor Francesco Lenoci, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Vicepresidente dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano e Patriae Decus della Città di Martina Franca, ha trattato il tema della Cultura come volano e infrastruttura su cui basare la rinascita anche economica della società. La Cultura, in sostanza, è la chiave per spalancare la finestra del futuro. Lo studioso non solo di economia ma anche di storia e tradizione, ha preso come esempio la Martina dei suoi periodi più fiorenti. Andando indietro di secoli, Lenoci ha ricordato che la a fine ‘700 aveva 15 mila abitanti, ed era capace di creare valore grazie al capitale umano, strutturale e relazionale. C’era grande vivacità culturale unita a un diffusissimo spirito imprenditoriale. Facendo un salto in avanti, l’economista ha riportato alla mente la Martina dell’inizio del 900. Una società fatta soprattutto di artieri e contadini, dove erano fiorenti l’arte della pietra, con costruttori e scalpellini, l’arte del ferro, quella dell’oro, ma anche quelle della ceramica e del legno. E poi c’erano i contadini con i propri investimenti che guardavano lontano. Una società dove la poesia era un’attività popolare che partecipava alla vita politica del tempo. La donna era una lavoratrice all’avanguardia nel campo della tessitura, del ricamo, della musica e della danza. Oggi, invece, la Puglia produce come cultura soltanto il 3,2 % a livello nazionale, e la provincia di Taranto appena il 10% su base regionale. Ma adesso, ha affermato Lenoci, “non basta più evocare la speranza. Bisogna organizzarla”. I giovani devono rifarsi alla tradizione. Lo stesso Papa Giovanni Paolo II parlò, nella sua storica visita, di “cultura delle botteghe”. Bene, “rivitalizziamole come all’inizio secolo scorso”. Ridiamo il giusto posto al vino bianco, al capocollo, ai capispalla. E soprattutto, è necessario dire “no” all’individualismo che impedisce di sognare per progettare: “non sognare è un errore blu”. Servono nuovi mecenati. Il sindaco stesso deve dare alla cultura il suo ruolo di infrastruttura alle altre attività, e l’assessore alla cultura deve avere anche la delega al bilancio, perché alla cultura vanno date risorse. “É una rivoluzione che propongo – ha ribadito il professore – va restituito il patrimonio storico e culturale ai residenti prima di tutto. I contenitori culturali devono essere attrattori e attivatori. Occorre creare sinergie. E per finire, Lenoci ha citato il grande pugliese don Tonino Bello: “cultura è impegno, servizio agli altri, alimento di vita”. In una parola, cultura è inclusione.

 Matteo Gentile

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