La siciliana catapultata dai vertici del partito a fare la capolista Pd nel nostro territorio (come se di pugliesi non ce ne fossero) adesso vuole fare la presidente del Senato. In questo caos, il nome di Anna Finocchiaro non è stato formalizzato nelle schede durante i due primi turni di votazione. Ma domani, per forza, qualcosa deve succedere. Alla quarta votazione al massimo si avrà il prossimo presidente del Senato, seconda carica dello Stato.
Ora, noi che viviamo qui dovremmo sentirla una del nostro territorio (ma per quanti è veramente così?) e vedere, anche con un certo senso del tifo, le sorti della presidenza del Senato. Per qualcuno, o per molti, sarà anche così. Vediamo, dunque, quale è la prospettiva reale di Anna Finocchiaro di diventare presidente del Senato.
In questo tardo pomeriggio-sera (mentre alla Camera si svolge la terza votazione desinata ad essere vana e peril Senato l’appuntamento è già a domani mattina) il concorrente più temibile della Finocchiaro è andato al Quirinale per ottenere un via libera. Il suo concorrente più temibile è Mario Monti. Il presidente del Consiglio vuole diventare presidente del Senato e, qualora il presidente Napolitano riuscisse a trovare la via istituzionale per consentire a Monti di andare a guidare Palazzo Madama in presenza del suo ruolo di capo del governo, per la Finocchiaro sarebbe finita. Questo perché lo stesso partito democratico, magari anche non volendolo, sarebbe “costretto” a votare Monti.
Per il governo, in caso di presidenza-Monti al Senato, si ipotizza un interim: Anna Maria Cancellieri, attuale ministro dell’Interno, diverrebbe vicepresidente del Consiglio e guiderebbe lei. Questo, in attesa di nuovo incarico per la presidenza del Consiglio dei ministri, di cui Napolitano si occuperà dal 19 marzo. E se Napolitano dovesse intravedere che non c’è spazio per soluzioni politiche, e sempre se Monti nel frattempo fosse diventato presidente del Senato, si potrebbe avere clamorosamente un incarico ad un’alta carica dello Stato, per un governo di responsabilità istituzionale. Così l’attuale presidente del Consiglio diverrebbe nel giro di una settimana, presidente del Senato e di nuovo, poi, capo del governo. Soluzione fantascientifica? No, una fra le più probabili.