Anche quest’anno, in tempo di Quaresima, se si passeggia per i vicoli del centro storico a testa in sù si possono ammirare le caratteristiche “Quarantane”. Si tratta di bambole di pezza sospese ad un filo annodato tra due balconi, che simboleggiano proprio l’inizio del periodo di astinenza, di penitenza e di soppressione dei bisogni individuali, che è appunto la Quaresima, la preparazione alla Pasqua. Secondo la tradizione popolare, la “Quarantana” rappresenta la vedova di Carnevale, vestita a lutto con un fazzoletto annodato sul capo ed accompagnata dai simboli delle privazioni tipiche di questo periodo: taralli, forbici (che alludono al fatto che anticamente si diceva ai bambini “se mangiate la carne la Quarantana vi taglia la lingua”), un fuso per filare la lana e una scopa (simboli del duro lavoro femminile), una salsiccia, un’arancia che simboleggia la fugacità delle cose belle, e un fiasco di vino. Una tradizone , quella della “Quarantana” che seppure affievolita, resiste ancora e non manca di attirare l’attenzione dei passanti. Sebbene di questa antica tradizione popolare, purtroppo, rimangano soltanto tracce orali nei ricordi degli anziani che lasciano presupporre un’origine legata ai riti cristiani di digiuno e di penitenza, osservati in occasioni della Quaresima, dopo i sollazzi di Carnevale, si può anche ipotizzare che questa eccentrica liturgia, sia da ricondurre a tradizioni che affondano negli antichi baccanali – papà del moderno Carnevale e nelle rappresentazioni teatrali delle Atellane, quando “carnevale morto” veniva portato in giro per il paese su di un carro oppure, in qualche modo, alcune tracce riconducono ai riti dei “Saturnali”, i giorni in cui a Roma si capovolgevano gli ordini sociali e anche gli schiavi potevano dire a tutti ciò che pensavano.