Oggi è una giornata importante per i Comuni italiani. Compreso il nostro. Martina Franca aderisce, infatti, alla manifestazione nazionale, indetta dall’Anci (associazione nazionale dei Comuni italiani) perché siano riviste le regole, ferree e considerate eccessive, del patto di stabilità.
I sindaci manifesteranno dinanzi a Montecitorio.
Le amministrazioni comunali si trovano nella paradossale condizione di avere, in alcuni casi, le casse stracolme di soldi (vedi Martina Franca, proprio: 14 milioni di euro di avanzi di amministrazione) e non poter toccare un centesimo per non sforare il patto di stabilità, misura imposta dall’Unione europea e fatta propria dallo Stato secondo il criterio del pareggio dei conti pubblici. Cioè l’Italia, soprattutto nell’ultimo periodo, per presentarsi al cospetto del resto d’Europa con una situazione delle finanze pubbliche in miglioramento, ha stretto i cordoni della borsa a ogni livello dell’amministrazione pubblica e tutto questo ha contribuito a formare la voce della spending review in sede di bilancio nazionale. Proprio dall’Unione europea, nei giorni scorsi, sono giunte indicazioni di allentare un po’il freno.
Però i Comuni hanno necessità di spendere, potendolo fare vista la presenza di denaro nelle loro casse (ci sono anche le amministrazioni comunali, non poche, in serissime difficoltà finanziarie, peraltro). Non spendere, in molti casi, ha rappresentato anche l’impossibilità di pagare le imprese creditrici e questo, su base nazionale, vale 9 miliardi di euro.
Lo sblocco del patto di stabilità è un passaggio irrinunciabile per far ripartire l’economia, dicono i sindaci. La loro iniziativa è da seguire con estrema attenzione da parte dei cittadini, soprattutto dagli imprenditori (per primi quelli medio-piccoli) che potrebbero vedere nuovo ossigeno, dopo l’asfissia, se finalmente dovessero iniziare a riscuotere i loro crediti. Non sono pochi quelli che, proprio a causa dei crediti non riscossi nei confronti della pubblica amministrazione, hanno dovuto perfino chiudere i battenti.
Il discorso non riguarda i Comuni ma, per due miliardi e mezzo di euro, anche le province.