Intervista a Marcella Picardi, responsabile dello sportello filosofico del comune di Martina Franca, che spiega l’importanza della donazione degli organi

La serata dedicata a Mattia Tagliente al Teatro Verdi vedrà anche la partecipazione di Marcella Picardi, consulente filosofica che ha seguito professionalmente il ragazzo martinese. La Picardi è anche la responsabile dello sportello filosofico voluto dall’assessore alla cultura Tonino Scialpi. L’abbiamo contattata per fare un primo bilancio dell’esperienza dello sportello filosofico comunale, per conoscere meglio Mattia e per capire come la donazione degli organi possa favorire lo sviluppo etico della società.

Facciamo un bilancio di questi primi mesi dello sportello di consulenza filosofica a Martina.

La sperimentazione dello sportello filosofico è stata un’esperienza molto costruttiva per l’utenza, che ha apprezzato una modalità diversa di essere ascoltata e sostenuta nella gestione dei problemi quotidiani, semplici o complessi. La crisi economica, ma anche sociale, che stiamo attraversando non reca solo problemi economici, la gente avverte di aver perso punti di riferimento, si sente impotente di fronte al bombardamento da parte dei mass media di dati allarmanti e avvenimenti critici che spesso, senza comprendere, si subiscono passivamente. Nonostante si pensi che la maggior parte della popolazione sia disperata, statica, il piccolo campione della nostra cittadinanza, costituito da uomini e donne di diversa estrazione sociale e culturale, ha mostrato una notevole mole di progettualità che non viene ascoltata. L’attività svolta durante gli incontri di consulenza filosofica è stata utile alle richieste dei consultanti, che hanno apprezzato le metodiche utilizzate ma soprattutto la ricaduta pratica delle stesse nella chiarificazione e consapevolezza delle problematiche che sono emerse (senso di vuoto, non riconoscersi in un ruolo, dubbi morali, problematiche esistenziali che inizialmente erano problemi sentimentali, di lavoro, di interazione). La cittadinanza ha risposto favorevolmente al progetto, ma ha ritenuto però insufficienti le ore messe a disposizione per soddisfare la richiesta, in quanto la maggior parte dei consultanti avrebbe voluto usufruire di un maggior numero di incontri. Molte richieste non sono state evase. (Solo 36 ore in 3 mesi). Gli utenti sono stati 13, dai 21 ai 50 anni, la maggioranza donne. Non sapevano nulla di filosofia ma hanno cominciato prestissimo a filosofare.

Perché avete pensato ad uno sportello filosofico all’interno della serata dedicata a Mattia?

Mattia è stato un consultante dello sportello: l’ho visto due giorni prima che morisse. Ho conosciuto in seguito i suoi genitori, al quale si è aperto un mondo. Mi sono divertita intellettualmente con Mattia, i nostri pochi incontri sono stati stimolanti, ricchi di significato, abbiamo filosofato davvero mettendo tutto e tutti in discussione. Ci siamo lasciati dopo l’ultimo incontro con l’intenzione di lavorare filosoficamente sul “Signore degli anelli” di Tolkien. Un viaggio dove il bene e il male si contrappongono, il valore del vivere si distingue dal sopravvivere, la qualità dei rapporti con gli altri è importante rispetto alla quantità e durata dei medesimi, il riconoscimento di un senso da dare alla vita che è irripetibile, personalissimo, ma che non è per nulla arbitrario, poiché dipende dalle esperienze morali vissute. La famiglia Tagliente ha ritenuto opportuno supportarmi nella riedizione dello sportello filosofico per dare la possibilità ad altre persone, ma soprattutto ai giovani, di poter usufruire di un’altra modalità di ascolto e di chiarificazione dei problemi. La realtà solleva sempre, più o meno indirettamente, interrogativi filosofici radicali ancorandoli a vicende concrete e ad una specifica visione del mondo. A volte la gente non sa nemmeno di avere una propria visione del mondo.

A proposito di visione del mondo: quanto il concetto di donazione (di organi e di sè) può contribuire allo sviluppo della società?

Questa risposta forse servirà a chi si chiede perché la gente non dona gli organi. Ci sono persone che sono preparate sulla donazione, hanno delle informazioni mediche che non contraddicono le loro credenze, convinzioni e visioni del mondo e sono pronti a donare facendo della morte di un loro caro una nuova fonte di vita per altre persone. La morte arriva improvvisamente per la stragrande maggioranza degli esseri umani, non l’aspetta quasi nessuno e al capezzale di un proprio caro, con la speranza che si possa salvare, ci sono persone comuni. L’equipe medica ha fretta, gli organi devono essere espiantati al più presto, si parla di morte cerebrale, un concetto così lontano, così assurdo per chi ha un proprio caro che ancora respira. È doloroso. Nel dubbio meglio non donare. Questi eventi di sensibilizzazione sono utilissimi perché preparano le persone, creano spunti per riflettere. Io personalmente penso che il consulente filosofico attraverso l’etica sarebbe in grado di opporsi all’ovvietà, ai pregiudizi, ai tabù che inquinano tanto la vita personale e le modalità di pensiero. Il consulente filosofico con il dialogo socratico sarebbe in grado di interrogare i dubbi, i dilemmi morali, i problemi di senso che emergono in questi frangenti. Non si tratta di convincere, persuadere, ma argomentare, portare a coerenza con la vita interiore. C’è un bellissimo brano di Paolo Cattorini (che si occupa di bioetica e consulenza filosofica) in cui davanti alla frase “non si deve prolungare ad ogni costo la vita, si deve invece difendere tutta la vita in cui si può dare maggior senso umano”, una consultante ha il coraggio di far emergere tutte le sue credenze e convinzioni, tutte le informazioni non supportate dai fatti, tutte le incongruenze e dopo un percorso filosofico alla fine giunge a queste conclusioni: “Volere il bene di qualcuno significa servire la bellezza della sua vita e custodirne la dignità, contro la morte che incombe. Ciò può comportare la decisione di lasciare che tale vita si spenga nella forma più consona ai desideri del malato, che continua ad amare la vita, ma non la vuole espropriata da terapie eccessive. È difficile dire se si sia fatto tutto il possibile per garantirne una cura di questo tipo, ma se si ci è spesi con questo impegno, non è ragionevole dirigere verso di sé, attraverso i morsi crudeli del senso di colpa, la rabbia dolorosa che legittimamente si prova, quando il destino ci sottrae qualcuno che ci è caro”.

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