Un comunicato Stampa dell’On Gianfranco Chiarellisul Referendum per fare uscire la Provincia di Taranto dalla Basilicata, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, spiega quello che potrebbe avvenire se ciò accadesse
Considero l’idea di celebrare un referendum popolare per comprendere l’opinione di tarantini in riferimento alla ipotesi di entrare a far parte della regione Basilicata una provocazione su cui riflettere. Se c’è qualcuno che fa una proposta così radicale evidentemente alla base ci sono serie ragioni. Non vi è dubbio alcuno che la provincia ionica sia considerata a tutti i livelli la Cenerentola della Puglia. Una grande città industriale, una delle più importanti del Mezzogiorno d’Italia, continua a perdere punti in termini di sviluppo economico, di occupazione, di presidi istituzionali. Se ci riferiamo solo alle ultime vicende: lo spostamento a Lecce della direzione della sovrintendenza,la chiusura di Bankitalia, la forzatura di Bari per ottenere sia la doppia autorità portuale sia la doppia aria Zes, la mancata istituzione a Taranto del servizio STEN, per non parlare delle vicende che riguardano la sanità ionica, quelle che riguardano il sistema trasportistico, e in particolare porto e aeroporto, non possiamo che comprendere chi oggi chiede di andare via dalla Puglia. Una provocazione su cui riflettere dicevo, ma entrando nel merito non posso che palesare più di qualche perplessità. Innanzitutto mi sembra scontato il fatto che vada valutata non solo la volontà dei tarantini, ma occorre comprendere anche cosa ne pensino a proposito gli abitanti della Basilicata! Ma non è neppure questa la questione. Difficile ipotizzare uno spostamento tout court da una regione all’altra senza tener conto delle radici culturali, della storia, delle tradizioni. Se la parte occidentale della provincia ionica può ritenersi vicina in tal senso alla Basilicata, ben altra condizione si verifica a oriente. Per dirne una: tempo fa Avetrana aveva ipotizzato la possibilità di entrare a far parte della provincia di Lecce. In realtà c’è un problema che riguarda più in generale le regioni su cui si discute da tempo; le regioni sono ormai centri di spesa di assoluta rilevanza e, com’è noto, si registrano purtroppo troppe differenze tra regione e regione. L’idea di istituire macroregioni è a mio parere un obiettivo da porsi. Potrebbe essere un argomento della campagna elettorale. L’attuale ripartizione è la riedizione di una suddivisione che risale a epoche pre Costituzione. Le attese nate nel 1970 non hanno avuto quel riscontro che ci si attendava. Oggi, come è già stato proposto, sarebbe utile rivedere la composizione territoriale mettendo insieme aree omogenee per storia, tradizioni, cultura,e struttura economica,partendo dal principio che solo unendo le forze si può migliorare; il passaggio di Taranto in Basilicata creerebbe solo nuovi problemi e paradossalmente indebolirebbe la Puglia senza vantaggi per il popolo ionico. Semmai, atteso che l’idea delle macroregioni richiede sicuramente tempi significativi per un eventuale realizzazione, occorre che le rappresentanze istituzionali ai vari livelli si coordinino e sviluppino strategie comuni tese a interrompere quella forma di isolamento che nei fatti la nostra provincia subisce da tempo. Un’ altra ipotesi praticabile nell’immediato è quella che si creino circuiti di collegamento tra comuni che condividono radici culturali e soprattutto obiettivi. In questa ottica potrebbe essere considerata l’idea di un consorzio che si interfacci anche con la Basilicata e in particolare con Matera.