Dopo la lettera del segretario comunale De Carlo, in cui i consiglieri comunali e gli assessori che non hanno adempiuto all’obbligo di rendere pubbliche le loro dichiarazioni patrimoniali sono stati sollecitati a farlo entro una settimana, il giovane assessore Palmisano ha presentato il suo. L’immediatezza della risposta suggerisce uno dei motivi di questo prolungato ritardo: il tipico atteggiamento del “domani lo faccio, tanto non è urgente”.
Abbiamo parlato con l’ex segretario comunale, Pierdomenico Gallo, a questo proposito e gli abbiamo chiesto come mai ci sono alcuni renitenti che più volte sollecitati non hanno ancora pubblicato il loro stato patrimoniale. I motivi, ovviamente, sono vari, e i consiglieri e assessori ritardatari, esattamente a metà tra maggioranza e opposizione, hanno le loro ragioni: c’è chi ha detto di non avere le carte pronte al momento e che a sua volta le avrebbe sollecitate al commercialista e c’è chi ha semplicemente glissato sull’argomento, forse stimandolo di poca importanza.
L’ex segretario Gallo ci ha ricordato come la legge anticorruzione che norma questa pubblicazione sia in realtà difettosa: i segretari comunali possono, una volta scaduti i termini, sollecitare consiglieri e assessori, ma hanno ben pochi strumenti per far valere la legge. La sanzione amministrativa imposta, infatti è una sanzione pecuniaria che va dai 500 ai 10mila euro, ma che non consente una pubblicazione forzosa di questi dati. «In linea teorica, un consigliere potrebbe pagare la sanzione e continuare a non consegnare il suo stato patrimoniale perché non è prevista una recidiva» ha detto l’ex segretario Gallo, ipotizzando che a scadenze semestrali la sanzione potrebbe essere riproposta. La procedura dell’ultimatum imposto da De Carlo potrebbe essere una soluzione de plano per sanzionare gli inadempienti e far rispettare la legge. Le sanzioni pecuniarie previste dal decreto legisslativo 14 marzo 2013 numero 33 sono applicate dal prefetto ai titolari di incarichi politici elettivi o di esercizio di poteri di indirizzo politico che non forniscono i dati da pubblicare e vanno a rafforzare gli obblighi già previsti dalla legge 441 del 1982, che nella stragrande maggioranza dei casi era rimasta lettera morta.
Daniele Milazzo