“La questione in agenda oggi che poi è un incubo: il patto di stabilità. Dal 1999 ad oggi, da noi in l’Italia è stato formulato il patto di stabilità interno esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi. E questa è la traccia così come è stata definita e stabilita, carte e studi alla mano. Domanda: siamo sicuri che questa roba sia davvero efficace? Che possa produrre degli effetti socio-economici utili? Perchè nella situazione che viviamo noi poveri umanoidi, cittadini, sudditi, le conseguenze sono un po’ diverse”.
Aldo Leggieri, consigliere comunale Pd, offre, dalle pagine di un social network, la sua analisi sul patto di stabilità e sulle conseguenze che esso sta avendo a livello sia nazionale che locale. “C’è un dibattito in corso,- prosegue Leggieri – suffragato da un’ampia letteratura, che dice che questi parametri economici così stabiliti come un vero e proprio contratto rappresenterebbero una sorta di tenaglia che limiterebbero lo spazio e l’agire politico, amministrativo, la libera iniziativa dell’ente locale, che nonostante disponga di cash flow, soldi freschi in cassa da spendere per opere, infrastrutture, indennizzare i lavori già eseguiti da parte delle imprese, è costretto di mantenerli buoni buoni in pancia ope legis, nell’immobilismo assoluto. Si tratterebbe, per alcuni economisti ma non solo, di decisioni irrazionali, logiche antieconomiche, che già in una dimensione aziendale sarebbero da aborrire, ma in un contesto di amministrazione pubblica, di un Comune, magari, che ha il compito di erogare beni e servizi alla comunità e ai cittadini, sono ancora più inspiegabili. Bisogna consentire, in sostanza, ai Comuni di poter sbloccare i milioni in cassa per pagare le imprese, che ne hanno bisogno, e quindi a cascata restituire ai lavoratori, retribuendoli, le prestazioni offerte”.
“E noi, from Martina Franca che diciamo? Che vogliamo fare? Il dibattito c’è stato, – prosegue Leggieri – anche in consiglio comunale e in giunta. Alcuni colleghi di partito ripetono spesso e volentieri che bisogna “stare sul pezzo”, bisogna dettare l’agenda, fare politica. Bene. Un appello pertanto al nostro segretario di partito di uscire sulla stampa, preparare un documento ufficiale, forte, assieme ai nostri rappresentanti locali e regionali martinesi, del Partito Democratico, manifestando apertamente. Assumendo una posizione politica chiara e decisa! Coinvolgendo magari anche le altre segreterie dei partiti di maggioranza, per dire un no secco a questo status quo generale. Bisogna protestare attraverso la proposta, e fare politica dal basso, far sentire le voci dei Comuni e dei suoi amministratori che sono a contatto con le questioni di tutti i giorni con i cittadini. Bisogna scendere in piazza! Forse non ce siamo accorti ancora. Ma qui si sta rimettendo in discussione anche la nozione e l’applicazione delle più elementari regole e princìpi del capitalismo. Se l’economia non gira, se le imprese non mangiano per il lavoro svolto e che non viene remunerato, siamo alle pezze. Con la disoccupazione quasi al 40% da noi nella terra splendida ma esangue del Sud, invertire questa rotta rappresenterebbe quanto meno una boccata di ossigeno. E poi un’ultima riflessione su questo terreno. Anche le imprese devono avere voce in capitolo. Per cui devono funzionare. Se lavorano e desiderano andare avanti, offrire produzioni sempre nuove, specializzate, basate su un saper fare che è frutto di investimenti continui, devono essere messe nelle condizioni giuste. E questa è una responsabilità che la politica seria deve farsi carico fino in fondo. I Comuni, le istituzioni devono reagire ad uno Stato centrale hobbesiano che domina in modo assolutistico”.