L’accusa è circostanziata e più che legittima: la politica, in generale, è ormai arrivata a un punto di non ritorno. Sono i concetti espressi da Pierfranco Bruni nell’incontro in sala uccelli, a Palazzo ducale, dal titolo Metamorfosi o suicidio della politica. Termini forti, ha spiegato Bruni, per far rendere conto come la situazione odierna sia traballante: un governo senza una maggioranza politica, costretto a funzionare da un connubio forzato, smorza gli ideali che dovrebbero essere i fari e le linee guida di un partito. I partiti, a loro volta, sono appannati e visti come carrozzoni invece di rendersi utili alla vita dei cittadini, lasciando così spazio a vari movimenti che ne erodono la base di consenso. Per evitare che la politica sia “uccisa”, secondo i relatori, deve o trasformarsi completamente – ed ecco la metamorfosi – o suicidarsi ritualmente per poter ripartire rigenerata a un nuovo inizio.
Una postilla: una maggioranza fatta da destra e sinistra per mantenere un governo che possa fare riforme condivise non è una novità nella storia italiana. Il termine “connubio” che abbiamo usato prima era quello che i giornali dell’epoca usarono per definire il governo Cavour del 1852, che includeva elementi di sinistra, riutilizzato nel 1876 con il governo Depretis, quello del trasformismo, che includeva elementi di destra. Ogni volta, dopo simili governi, c’è stato sempre un gran parlare di necessità di rinnovamento della politica e di ritorno agli ideali. Corsi e ricorsi storici.
Daniele Milazzo