Il destino dei lavoratori Ilva, a Taranto e in provincia, ma anche nel resto della regione e in parte della Basilicata, è una parte del dramma che si vive va un bel pezzo ormai. Quel dramma che discende dal dilemma “o mangi o respiri” in cui Taranto è andata a cacciarsi, e con essa il territorio.

Dunque, gli stipendi dei lavoratori Ilva sono a rischio da qualche settimana, gli operai hanno paura che il termine del 12 giugno (qello per il prossimo stipendio) trascorra con esiti negativi. Problemi non ce ne saranno, questo mese. E auspicabilmente, mai. Ma in prospettiva, lo stipendio Ilva, in assenza di certezze, non è manco più considerato buono per il credito al consumo.

Infatti, non pochi lavoratori dello stabilimento tarantino lo hanno fatto presente ai vertici aziendali, con una sorta di esposto. Sono raccontati i casi di chi voleva, per esempio, andare a comprare a rate il frigorifero all’ipermercato e, presentata la busta paga dell’Ilva, si è sentito rispondere che con quella, a rate non si compra. Un esempio fra tanti, soprattutto delle ultime settimane. Insomma, lo stipendio dell’Ilva, in questo periodo, è considerato alla stregua di disoccupazione. Non dà garanzie di copertura di un impegno da prendere per anni, forse addirittura non è considerato valido neppure per un impegno di pochi mesi.

In inverno un caso analogo, e molto grave, capitò a un lavoratore Ilva di Martina Franca: doveva riparare il bagno, perché c’erano delle perdite dalle tubature e avevano provocato problemi ad un’altra abitazione del condominio. Si trattava, per quell’uomo, di dover spendere qualche migliaio di euro. Non gli servivano per divertirsi. Andò in banca, chiedendo un affidamento. Si presentò con la busta paga dell’Ilva e gli venne detto che non poteva ottenere il credito.

La situazione, oggi, in questo territorio, è questa.

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