Riceviamo e pubblichiamo un comunicato dell’ Ass. Salam ong: 

“Si chiama “I Senza Nome” lo spettacolo teatrale che andrà in scena sabato 29 novembre presso il Teatro della Chiesa Divino Amore di Martina Franca, diretto dall’attore argentino German Basta in collaborazione e col supporto della psicologa Mimosa Rizzoni, e che vede come protagonisti e attori della rappresentazionecinque beneficiari dello Sprar di Martina Franca, il servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

Il nome che è stato scelto, non è un nome a caso. Solitamente, di norma, in ambito teatrale si attende il momento giusto per dare un nome allo spettacolo; così fino a quando non arriva questo momento, lo spettacolo viene chiamato “senza nome” spiega l’attore Basta. A conclusione del percorso di laboratorio teatrale, quel nome è rimasto.

Perchè in tutti questi mesi di sperimentazione teatrale e di assistenza ai beneficiari, ciò che è emerso nel leggere i giornali, o nell’ascoltare le notizie in tv sui migranti, come anche durante gli sbarchi, a cui hanno partecipato attivamente come operatori sia l’attore Basta che la psicologa Rizzoni, è che si parla di migranti come “numeri”, a cui non è riconosciuta alcuna individualità. Proprio durante gli sbarchi, “Siamo noi che ci interessiamo a chiedere: quel numero che tu mi mostri nel foglietto, a quale nome corrisponde?” spiega Rizzoni sottolineando come fino al momento della registrazione, i profughi siano solo numeri che vanno trasferiti dal porto al centro d’accoglienza.

L’idea – continua la psicologa – è di restituire questo: loro inizialmente sono senza identità, apparentemente. Ma in realtà sono persone che attraverso il loro fare hanno una connotazione”. Ma c’è un motivo in più che ha spinto nella scelta di questo nome: “ è che ognuno di loro – degli attori, come spiega Basta– dentro lo spettacolo, potrebbe essere qualsiasi altro; ognuno di loro racconta una storia che potrebbe essere altro: si può condividere, si può estendere”.

Il laboratorio della durata di sei mesi, ha coinvolto inizialmente tutti i beneficiari dello Sprar: richiedenti asilo e rifugiati politici. Ma alla “mostra finale”, alla rappresentazione parteciperanno solo quei cinque che hanno deciso autonomamente di fare lo spettacolo, perché spiega la dottoressa Rizzoni: “molto spesso si ha l’idea che siano sempre guidati da qualcuno, come noi dell’Associazione Salam, nel fare o non fare determinate cose. Invece in questa esperienza, i cinque beneficiari hanno dimostrato di sapersi responsabilizzare rispetto a qualcosa di diverso. Rispetto a qualcosa che non mira all’apprendimento della lingua, o all’apprendimento di una professione. E’ la dimostrazione del proprio fare: il mettere in mostra, attraverso una maschera che è quella teatrale, le loro persone.”

E anche lo spettacolo è nato senza forzature: “le scene non erano scene già preimpostate nelle quali forzatamente inserire i ragazzi – fa sapere Rizzoni -: ma sono nate dalla sperimentazione e da un training che è durato sei mesi”. Lo spettacolo è il risultato della “loro narrazione”: “il susseguirsi di scene da loro dettate, e non imposte”, come “ risultati – continua Rizzoni -che sono stati studiati sui corpi delle persone: sulle abilità e capacità di ciascuno.

Anche perché come si spiega nella sinossi si parla di un viaggio: raccontare attraverso questo spettacolo il senso di queste storie mescolate tra di loro durante il viaggio che viene affrontato, per raggiungere in questo caso l’Italia. E’ questo il messaggio che vogliamo dare”. E evidenzia Basta: “l’abbiamo chiamato spettacolo teatrale pluriculturale, perché vengono mostrate le diverse culture all’interno della rappresentazione, così come le diverse esperienze all’interno del viaggio dove emerge una frammentazione dello spazio e del tempo. E nella rappresentazione del loro viaggio, si susseguiranno momenti tragici, comici, e “assurdi”. Ma sarà lo spettatore a fare suo lo spettacolo, a dargli un significato”. “L’obiettivo è quello di stimolare alla riflessione,come anche quello di far comprendere che ogni minuto dello spettacolo è uno sforzo di loro, degli attori, uno sforzo di noi, uno sforzo dell’Associazione, e l’impegno di un’intera comunità” spiega Basta che insieme alla psicologa Rizzoni concludono ringraziando in particolare l’Associazione Salam (ente gestore dello Sprar) ed ilCoordinamento delle Associazioni di Volontariato (CAV) di Martina Franca. Quest’ultimo per il grande impegno profuso nel portare avanti i laboratori e lo spettacolo: non solo ha infatti messo a disposizione gli spazi, spesso in orari delle prove, sempre diversi, ma ha anche donato i costumi teatrali. Ed infine un sentito ringraziamento va alla Chiesa Divino Amore per aver concesso l’uso del teatro: “un segnale importante come spiega Rizzoni – se si considera che di cinque attori quattro sono musulmani”. E’ un altro segnale di inte(g)razione, un altro caloroso e vivo segnale di apertura da parte della comunità martinese

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